Enfiteusi nel Codice Civile. In questo articolo approfondiremo questo concetto.
L’enfiteusi è il diritto (dell’enfiteuta) di godere del fondo altrui con l’obbligo di apportarvi migliorie e di pagare al proprietario un canone periodico. Nel diritto di godimento dell’enfiteuta è compresa la facoltà di mutare la destinazione del fondo purché non lo deteriori; sono vietate le innovazioni. All’enfiteuta spetto il dominio utile sul fondo mentre al proprietario spetta il dominio diretto.
L’enfiteusi si estingue per non uso [Art. 970 codice civile].
L’enfiteusi può essere perpetua (caratteristica principale) o a tempo (mai inferiore ai venti anni).
L’enfiteusi viene disciplinata nel codice civile 1865 che all’art. 1556 disponeva « l’enfiteusi è un contratto col quale si concede, in perpetuo o a tempo, un fondo coll’obbligo di migliorarlo e di pagare un’annua determinata prestazione in danaro o in derrate; il successivo art. 1557 disponeva che l’enfiteusi veniva regolata dalle convenzioni delle parti in quanto le medesime non fossero contrarie agli art. 1562, 1563, 1564, che non si riferivano all’obbligo di miglioramenti.
Il codice attuale ha attratto la disciplina dell’enfiteusi nell’ambito dei diritti reali di godimento su cosa altrui, ma, sotto il profilo che qui interessa, non ha innovato in modo sostanziale in relazione alla funzione del miglioramento.
E, fra i diritti reali su cosa altrui, quello di più esteso contenuto, al punto di essere tradizionalmente considerato come una forma di proprietà: il cosiddetto dominio utile, in antitesi con il diritto del nudo
proprietario, definito come dominio diretto. Un tempo di applicazione molto diffusa, oggi tende a scomparire, anche per lo sfavore legislativo nei suoi riguardi, recentemente manifestatosi con le ll. n. 607 del 1966 e n. 1138 del 1970.
Si tratta di un antichissimo istituto che oggi trova un’applicazione molto limitata. L’enfiteusi può essere perpetua o temporanea, ma in quest’ultimo caso la durata è di almeno venti anni).