Incipit, prima stesura?

Domanda di Marco M: Incipit, prima stesura?
Il telefono squillò alle cinque di mattina del 14 dicembre. Lo squillo insistenete rimbalzava sulle pareti della piccola stanza da letto, illuminata dalla fioca luce dello schermo della tv lasciata accesa. Ed Carlile si destò di soprassato, e subito si allungò sul materasso matrimoniale per raggiungere con il braccio il comodino più lontano. Afferrò con uno strattone la cornetta e se la portò violentemente all’orecchio, facendola urtare contro la tempia. Si dimenticò per un’istante della telefonata e, mentre si massaggiava la zona dolorante, una voce gracchiante lo chiamava con pacata insistenza dal ricevitore.
«Ed? Ed ci sei?»
«Si…», rispose, ancora leggermente intontito, la voce impastata dal sonno e dal troppo fumo. «Chi parla?»
«Sono io Ed, devi venire. Raggiungimi sulla 58, al miglio 12.»
«Mmmh…D’accordo. D’accordo arrivo, dammi una mezz’ora.»
«Sbrigati. Ci vediamo lì.»
«Mmmh.»

Karl Simmons chiusè il telefono cellulare con uno scatto del polso e se lo infilò nella giacca. Alzo lo sguardo e scrutò il cielo in cerca di una prospettiva meno tragica del previsto. Ma tutto era secondo previsioni: il cielo rosso e gonfio sembrava un cadavere affogato nella tintura. Erano tre giorni ormai che pioveva senza tregua, se non per qualche sporadica ora di apparente quiete, durante la quale i più ottimisti decidono di uscire senza l’ombrello. Poveri illusi. Ma povero anche Karl Simmons, che l’ombrello se lo porterebbe volentieri dietro, se mai si ricordasse di comprarne uno, o semplicemente di riprenderlo dopo averlo lasciato in qualche portaombrelli che non sia quello di casa sua.
Maledicendo la propria sbatadaggine si coprì la testa con una copia del grenson daily e scese con passettini lesti la scalinata che dava sulla strada, badando bene di poggiare i piedi sulle strisce di materiale anti-scivolo incollate su ogni gradino. Proprio sull’ultimo ebbe un cedimento. Il piede sinistro scivolò di qualche centimetro in avanti, obbligando Karl ad eseguire un poco elegante gesto inconsulto con gambe e braccia che lo portò sì a riequilibrarsi, ma come conseguenza gli fece scagliare in aria il giornale, che nonostante la pioggia battente si aprì e si sdoppiò in alcune pagine, ricadendogli addosso. Se non altro era ancora in piedi.
Imprecando a bassa voce percorse al trotto gli ultimi metri che lo separavano dall’automobile e vi si fiondò dentro.
«Tempo di *****!», esclamò passandosi una mano sulla testa, nel tentativo di scrollare i goccioloni che si erano insinuati fra i capelli. «Vai.», disse poi rivolgendosi al conducente.
L’auto si mise in moto e scomparve velocemente, confondendosi nella Babele d’acqua e luci artificiali della città ancora addormentata, mentre Karl Simmons pensava di essere fortunato ad avere il **** ancora asciutto.

Carlile uscì dal bagno con l’asciugamano legato in vita ed i piedi scalzi nonostante il pavimento in marmo, il viso e il torace imperlati di goccioline d’acqua fredda. Si avvicinò al grande armadio a parete che dominava la stanza e lo aprì. Nella parte destra erano appesi tutta una serie di completi ed abiti formali, con un unico paio di jeanes a fare da outsider. Al di sotto degli abiti era sitemata una cassettiera a tre cassetti: calze e mutande; camicie; e ancora camicie. La parte sinistra dell’armadio invece era completamente vuota, eccetto che per un portacravatte elettrico non più funzionante, e cinque paia di scarpe – anche qui un unico paio di scarpe da ginnastica cantava fuori dal coro – poggiate sul fondo, accanto alla cassettiera.
Scorse con una mano gli abiti ed estrasse dal mucchio un completo che gettò senza troppa cura sul letto ancora sfatto. Poi una cravatta che subì la stessa sorte, una camicia e la biancheria. Si vestì con automatici gesti di routine e si avvicinò ancora all’armadio per sistemarsi la cravatta davanti al grande specchio fissato all’anta di sinistra. Calzò le scarpe, spense la tv, e uscì dalla stanza.
Nel lavello della cucina un piatto langueva solitario con una forchetta come unica compagnia, e dal cestino dell’immondizia faceva capolino una confezione da tre wrustel per metà sepolta sotto una mezza dozzina di lattine di birra da discount. Si versò una tazza di caffè freddo risalente alla mattina prima e la bevve in due rapidi sorsi intervallati solo da un corto respiro. Non è il caffè, è la caffeina, pensò mentre la buttava giù guardando i goccioloni sbattere violentemente contro la finestra. Poggiò la tazza accanto al piatto nel lavello e vi lasciò scorrere dentro l’acqua per qualche secondo, poi raccolse il lungo impermeabile beige dalla spalliera della sedia e uscì di casa, tirandosi dietro la porta.
Sentitevi liberi di commentare e criticare. Mettetemi a parte di tutto quel che pensate riguardo a questo breve scritto.

E’ l’incipit di un racconto poliziesco con risvolti paranormali. Nelle mie intenzioni la struttura si articolerà in una divisione in giorni della settimana, che daranno il nome ai capitoli. Quindi questo è l’inizio di “LUNEDI”.
che dire?
grazie per le risposte e gli incoraggiamenti, sinceramente non pensavo che sarebbe piaciuto.
Avete alzato l’asticella della mia autostima 😉

PS purtroppo non sono più un ragazzino,e 25 anni pesano come un macigno su chi non sa bene che fare della propria vita.
grazie Marta per i consigli. effettivamente i dialoghi li scrivo senza pensare e sono frequenti piccoli errori di ortografia. rimedierò con la seconda stesura.

se foste interessati ho postato la seconda parte del primo capitolo, qui:

http://it.answers.yahoo.com/question/index;_ylt=AqMaSVaRJ6jIvwMgOW7QbgLwDQx.;_ylv=3?qid=20100706060046AAZ5ZsG

Migliore risposta:

Answer by Strega Serenity..
Ti dirò, se c’è una cosa che odio sono i polizeschi.. eppure.. ce l’hai fatta! Mi hai catturata, hai fatto un miracolo O_O
Mi piace il tuo stile, e mi piace come imposti le frasi e usi la punteggiatura. Non troppa, non troppo poca.
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Haha, ti faccio eco! Anche i miei pochi 18 anni ogni tanto pesano, ma io scrivo, scrivo e scrivo.. cosa vorrò fare della mia vita? Non lo so, ma io continuo a scrivere 🙂

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